martedì 2 dicembre 2008

ART.1135 c.c.

Rif.: ART. 1135 c.c. : ORGANO DELIBERATIVO

Cassazione n. 1313/69
“Le deliberazioni delle assemblee condominiali, se approvate con la maggioranza qualificata prescritte dalla legge, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, compresi i dissenzienti, al pari di quelle approvate all’unanimità .”

Cassazione n. 29851969
“L’assemblea, in quanto organo supremo del condominio, esprime in sede deliberativa una volontà plurisoggettiva che, ove assunta nelle forme di legge, è vincolante per tutti i condomini.”

Cassazione n. 1281/76
“In materia di condominio le deliberazione assembleari non sono, di regola, mai irrevocabili e possono, perciò, essere modificate o revocate da una valida deliberazione successiva.
Le nuove deliberazioni, infatti, purchè approvate nei modi e con le formalità di legge o di regolamento, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, anche, se eventualmente, quelle anteriori, revocate o modificate, siano state prese all’unanimità e le seconde con la maggioranza minima prevista in ordine all’oggetto di ciascuna deliberazione ed al tipo di assemblea.”

Cassazione n. 4437/85
“L’assemblea condominiale – atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciute dall’art. 1135 c.c. – può deliberare, quale organo destinato ad esprimere a volontà collettiva dei partecipanti qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento, semprechè non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale”.

… ATTRIBUZIONI DELL’ASSEMBLEA

Cassazione n. 2095/69
“I poteri dell’assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice, non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle elusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificatamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la prevede”.

Cassazione n. 674/70
“I posteriori divieti e limitazioni nell’uso e nella destinazione di parti dell’edificio che siano di proprietà individuale ed esclusiva, allorquando l’uso e la destinazione siano stati contrattualmente regolati dagli interessati nel regolamento contrattuale di condominio richiamato nell’atto di acquisto si da farne parte integrante, costituiscono violazione di un diritto soggettivo del partecipante, di guisa che quei divieti e quelle limitazioni possono ritenersi legittimi solo ove intervenga il consenso di tutti gli interessati, consenso che può considerarsi come fonte di un nuovo vincolo contrattuale.
Ne consegue che l’assemblea dei condomini non può, con deliberazione a semplice maggioranza, limitare l’uso che il partecipante al condominio ha sulla parte dell’immobile di sua esclusiva proprietà.”

Cassazione n. 13100/97
“Il verbale di un’assemblea condominiale, alla pari di qualsiasi scrittura privata, è valido se sottoscritto dal soggetto abilitato a sottoscriverlo, ancorché il suo testo sia stato redatto da soggetto diverso o sia stato scritto a macchina. Ne deriva, pertanto, che è irrilevante – ai fini della validità dello stesso – che le funzioni di segretario dell’assemblea, siano state espletate, in violazione di apposito divieto del regolamento condominiale , dall’amministratore del condominio”.

Cassazione n. 4631/93
“In tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela dell’incolumità dei partecipanti è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni e, quindi, non è riconducibile nelle attribuzioni dell’assemblea (art. 1135 c.c.). Ne deriva che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti all’assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico.”

Cassazione n. 9130/93
“In tema di assemblee condominiali, il legislatore non ha imposto particolari formalità in ordine alle modalità della votazione, sicchè ai fini del calcolo delle maggioranze prescritte dall’art. 1136 c.c., deve tenersi conto del voto espresso dal condominio intervenuto tardivamente, purchè non oltre la chiusura del processo verbale di cui all’art. 1136 c.c.”.

…CONTENUTO DELLA DELIBERA

Cassazione n. 2217/71
“Sono assolutamente nulle le deliberazioni delle assemblee condominiali prive dei requisiti essenziali o affette da vizi relativi alla regolarità della costituzione della assemblea o della formazione della volontà della maggioranza prescritta, ovvero prese con riguardo ad oggetto impossibile o illecito o esorbitante dai limiti delle attribuzioni dell’assemblea o concernenti innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino sulle cose o servizi comuni o su quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi; sono, invece, annullabili – e come tali possono essere impugnate solo ad istanza dei condomini dissenzienti o assenti – le deliberazioni prese in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o di informazione della assemblea, nonché le deliberazioni affette da eccesso di potere e quelle viziate da incompetenza, che invadono, cioè, il campo riservato all’amministratore. Al di fuori di tali casi, le delibere assembleari non possono essere invalidate.”

Cassazione n. 3936/75
“L’omessa trascrizione, nel verbale dell’assemblea condominiale, del rendiconto presentato dall’amministratore non comporta l’invalidità della deliberazione che ha approvato tale atto, in quanto, nel mentre siffatta trascrizione non è richiesta dalle norme sul condominio di edifici, non sono applicabili a quest’ultimo le diverse disposizioni che regolano la redazione e l’approvazione dei bilanci delle società”.

Cassazione n. 3226/63
“L’assemblea del condominio di un edificio ben può, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti a parti comuni dell’immobile e di ripartizione della spesa, riconoscere vantaggiosa un’opera, ancorché non preventivamente deliberata, ed approvarne la relativa spesa restando la preventiva formale deliberazione di esecuzione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della stessa o dalla conseguente ripartizione del relativo importo tra i condomini”.

Cassazione n. 1481/70
“L’art. 1135 u.c., c.c., abilita espressamente l’amministratore ad ordinare lavori di manutenzione straordinaria, che rivestano carattere di urgenza, imponendogli solo l’obbligo di riferire alla prima assemblea dei condomini.
Pertanto, il compimento dei lavori suddetti non costituisce eccesso di mandato, né l’obbligo di riferirne all’assemblea può confondersi con la necessità di ratifica di un atto esorbitante del mandato, rientrando, invece, sia pure con carattere particolare, nell’obbligo generale che incombe all’amministratore di rendere conto della sua gestione ai condomini i quali hanno un ampio potere di controllo su tutto il suo operato.
L’inosservanza dell’obbligo, di cui all’ultimo comma dell’art. 1135 c.c., per quanto attiene alla comunicazione alla prima assemblea dell’avvenuta esecuzione di lavori urgenti, non preclude il diritto dell’amministratore (o del condomino in mancanza dell’amministratore) al rimborso delle spese riconosciute urgenti nei limiti in cui il giudice le ritenga giustificate”.

Cassazione n. 460/71
“E’ improponibile la domanda del condomino nei confronti dell’amministratore del condominio e diretta ad ottenere opere di manutenzione straordinaria di un servizio comune (nella specie sostituzione della caldaia dell’impianto di riscaldamento), senza la previa sollecitazione della convocazione dell’assemblea del condominio stesso, nelel cui attribuzioni rientra la relativa deliberazione.

Rif.: ART. 1136 C.C. : CONVOCAZIONE

Cassazione n. 1865/68
“La preventiva convocazione di tutti i condomini di un edificio alle adunanze assembleari costituisce il requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione in essa presa, ma la legge non stabilisce per l’esecuzione di tale adempimento forme determinate.
Cosicché, qualora il regolamento condominiale, allo scopo di garantire un sollecito svolgimento di tutte le attività concernenti i comuni interessi, autorizzi l’amministratore a considerare domiciliati a tutti gli effetti nello stabile condominiali i condomini che, pur non risiedendovi, abbiano omesso di far conoscere il loro diverso effettivo domicilio o residenza o quanto meno il loro recapito, il giudice di merito può ritenere, con apprezzamento insindacabile in cassazione, che nei confronti dei predetti condomini, irreperibili a causa della loro negligenza, si sia voluto, con tale norma regolamentare, predisporre un valido sistema convenzionale di presunzione di conoscenza degli avvisi a loro diretti.”

Cassazione n. 196/70
“La norma dell’art. 1130 c.c. secondo la quale tra la prima e la seconda assemblea deve passare almeno un giorno – va intesa non nel senso che debbano trascorrere 24 ore, ma che la seconda assemblea deve essere tenuta, come minimo, nel giorno successivo.”

Cassazione n. 4984/77
“In tema di condominio degli edifici, qualora ad uno dei partecipanti non sia stato dato avviso della convocazione della assemblea, le decisioni dalla medesima adottate sono affette da nullità assoluta, per difettosa costituzione del corpo deliberante, ancorché il voto di quel partecipante non avrebbe avuto incidenza sul raggiungimento delle prescritte maggioranze. L’interesse a far valere detta nullità va riconosciuto a ciascun condomino, e non viene meno nel caso in cui la deliberazione viziata sia stata seguita da altra presa sullo stesso oggetto da assemblea ritualmente convocata”.

Cassazione n. 3798/78
“La comunicazione a tutti i condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale costituisce presupposto di validità della costituzione dell’assemblea stessa a norma dell’art. 1130 c.c., comma VI; di conseguenza le deliberazioni adottate senza il rispetto della predetta formalità sono radicalmente nulle e tale nullità può essere fatta valere da qualsiasi condominio, anche se presente all’assemblea.”

Cassazione n. 4648/81
“L’assemblea condominiale riunita in seconda convocazione ai sensi del terzo comma dell’art. 1136 c.c., può, con la prescritta maggioranza, aggiornarsi ad altra data per completare l’esame degli argomenti posti all’ordine del giorno, ma – non prevedendo la legge, per alcuna ragione, una convocazione successiva alla seconda – tale aggiornamento va considerato alla stregua della convocazione di una nuova assemblea che, di conseguenza, non può validamente deliberare se non consti che tutti i condomini siano stati tempestivamente inviatati a parteciparvi, integrando la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione”.

Cassazione n. 1516/88
“Allorquando un’assemblea condominiale operante in seconda convocazione sia rinviata per il proseguo ad altra data sugli stessi argomenti all’ordine del giorno, con il debito accorso degli intervenuti e previo tempestivo avviso della data fissata a coloro che risultavano assenti, tale assemblea non può considerarsi di prima convocazione (con l’obbligo delle relative maggioranze per le delibere) risultando soltanto la legittima continuazione dell’assemblea in seconda convocazione.

Cassazione n. 11947/90
“In tema di condominio di edifici, la mancanza dell’invito anche di uno solo dei condomini rende la deliberazione dell’assemblea non semplicemente annullabile, con la necessità che la relativa impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nel termine di cui all’art. 1137 III co. c.c., ma affetta radicalmente da nullità, con la conseguenza che l’impugnazione non è soggetta a detto termine di decadenza ma essendo imprescrittibile può essere fatta valere in ogni tempo, senza che il relativo interesse che va riconosciuto a ciascun condomino, possa venire meno neppure nel caso in cui la mancata partecipazione del condomino non abbia influito sulla formazione della maggioranza”.

Cassazione n. 993/67
“Al fine di assicurare la convocazione di tutti i condomini, quale presupposto indispensabile per la validità dell’assemblea condominiale, gli artt. 1105 e 1136 c.c., non prescrivono particolari modalità di notifica, sicchè l’esigenza che tutti i condomini siano stati preventivamente informati della convocazione dell’assemblea può ritenersi soddisfatta quando risulti che, in qualunque modo, i condomini ne abbiano avuto notizia.
Pertanto, è da ritenersi efficace la convocazione dell’assemblea di condominio indetta per una data conosciuta dia fatto e con certezza dal condomino, anche se non corrispondente a quella diversamente indicata per mero errore materiale nell’avviso di convocazione fattogli recapitare dall’amministratore del condominio. “

Cassazione n. 196/70
“La legge non prescrive alcuna formalità per la convocazione dei condomini all’assemblea di condominio ed è irrilevante che un condomino, respingendo la raccomandata pervenutagli nei termini, si sia posto in condizione di non poter conoscere la data di convocazione”.

Cassazione n. 590/80
“Al fine di assicurare la convocazione di tutti i condomini, quale presupposto indispensabile per la validità dell’assemblea condominiale, gli artt. 1105 e 1136 c.c., non prescrivono particolari modalità di notifica, sicchè l’esigenza che tutti i condomini siano stati preventivamente informati può ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice di merito che, in qualunque modo, i condomini ne abbiano avuto notizia”.

Cassazione n. 6863/82
“Ai fini della validità dell’assemblea condominiale è sufficiente che l’invito all’assemblea indipendentemente dalla sua effettiva conoscenza, sia stato regolarmente fatto ad ogni condomino”.

… ORDINE DEL GIORNO

Cassazione n. 989/79
“Quando l’assemblea dei condomini proceda alla trattazione di materia non indicata specificatamente nell’avviso di convocazione, la partecipazione alla discussione,senza sollevare eccezioni al riguardo, preclude al condomino il diritto di impugnare la deliberazione adottata, in conseguenza dell’ acquiescenza prestata con il proprio comportamento alla formale irregolarità della costituzione dell’assemblea”.

Cassazione n. 4377/80
“L’incompletezza dell’ordine del giorno determina la semplice annullabilità e non già la nullità assoluta della deliberazione della assemblea dei condomini, la quale, perciò, deve essere impugnata nel termine di trenta giorni di cui all’ art. 1137 c.c.”.

Cassazione n. 4316/86
“Ai fini della validità della deliberazione dell’assemblea dei condomini che abbia disposto l’esecuzione dei lavori di rifacimento della facciata dell’edificio condominiale, è necessario che il relativo argomento sia stato specificatamente inserito nell’avviso di convocazione dell’assemblea, in quanto, riguardando la materia dell’amministrazione straordinaria del bene comune, non può ritenersi compreso nella dizione - varie – “.

… PARTECIPANTI

Cassazione n. 3798/78
“ Nell’ipotesi di decesso di un condominio, ove l’avente causa non indichi e non dimostri all’amministratore del condominio, la sua qualità di nuovo condomino, l’amministratore adempie l’obbligo dell’avviso di convocazione dell’assemblea, indirizzando l’avviso stesso all’ultimo domicilio del defunto, a nome di lui, e dimostrando l’avvenuta ricezione dell’avviso da parte di persona addetta al domicilio medesimo”.

Cassazione n. 10/69
“Nel caso in cui faccia parte del condominio un piano o appartamento oggetto di usufrutto, a norma dell’art. 67 disp. att. c.c., , il nudo proprietario deve essere chiamato a partecipare alle assemblee condominiali indette per deliberare su innovazioni, ricostruzioni od opere di manutenzione straordinaria; se, invece, si tratta di affari di ordinaria amministrazione o di godimento delle cose e dei servizi comuni, deve essere dato avviso all’usufruttuario, il quale, quindi, non può dare validamente il suo voto su materia riservata al nudo proprietario.
Tale criterio, che si fonda sulla natura delle opere da deliberare, non è contrario alla disciplina delle spese dettata dalle norme specifiche sull’usufrutto (artt. 1004 e 1005 c.c.), ed, in particolare, l’art. 67 disp. att. c.c., non contrasta con l’art. 1005 c.c., benché nell’uno si parli di manutenzione straordinaria e nell’altro, di riparazioni straordinarie.”

Cassazione n. 124/78
“In tema di condominio degli edifici, le deliberazioni concernenti la nomina dell’amministratore e la determinazione del compenso da corrispondere al medesimo riflettono affari di ordinaria amministrazione e, pertanto, a norma dell’art. 67 terzo comma, disp. att. c.c., devono essere adottate dall’assemblea con la preventiva convocazione e con il voto dell’usufruttuario del singolo piano o porzione di piano, non del nudo proprietario”.

…COSTITUZIONE DELL’ASSEMBLEA

Cassazione n. 89/67
“L’allontanamento di alcuni degli intervenuti, dopo la regolare costituzione dell’assemblea dei condomini di un edificio, non incide sulla determinazione del quorum costitutivo, dovendosi aver riguardo a tale fine unicamente al momento iniziale della riunione”

Cassazione n. 1853/68
“In III° comma dell’art. 1130 c.c., nel prescrivere quale sia il quorum necessario per la validità delle deliberazioni condominiali prese in seconda convocazione, non detta alcuna disposizione per quanto concerne la regolarità della costituzione dell’assemblea.
Deve, pertanto, ritenersi che l’assemblea sia regolarmente costituita in seconda convocazione con la presenza di tanti condomini quanti siano sufficienti per raggiungere nella votazione la maggioranza valida per l’approvazione di una deliberazione e che tale principio implicito sia valido anche per le deliberazioni indicate nel IV° e V° comma dell’articolo stesso”.

Cassazione n. 6366/91
“In tema di condominio di edifici, è nulla la deliberazione assembleare che sia stata adottata dopo lo scioglimento dell’assemblea stessa e l’allontanamento di alcuni condomini, a seguito di riapertura del verbale non preceduta da una nuova rituale convocazione a norma dell’art. 66 disp. att. c.c., risultando violate sia le disposizioni sulla convocazione dell’assemblea sia il principio della collegialità della deliberazione.”

Cassazione n. 11947/90
“In tema di condominio di edifici, la mancanza dell0invito anche di un solo dei condomini rende la deliberazione non semplicemente annullabile, con la necessità che al relativa impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nel termine di cui all’art. 1137 III° co., c.c., ma affetta radicalmente da nullità con la conseguenza che l’impugnazione non è soggetta a detto termine di decadenza ma, essendo imprescrittibile può essere fatta valere in ogni tempo, senza che il relativo interesse che va riconosciuto a ciascun condomino, possa venire meno neppure nel caso in cui la mancata partecipazione del condomino non abbia influito sulla formazione della maggioranza”

Cassazione n. 6863/82
“Ai fini della validità dell’assemblea condominiale è sufficiente che l’invito all’ assemblea, indipendentemente dalla sua effettiva conoscenza, sia stato regolarmente fatto ad ogni condomino”.

Cassazione n. 5084/93
“L’intempestiva comunicazione al condomino della data fissata per l’assemblea implica un’ipotesi di contrarietà alla legge, ai sensi dell’art. 1137 c.c. della deliberazione assembleare, comportante l’annullamento della medesima a prescindere dal suo contenuto decisionale, risultandone viziato il processo formativo per violazione del diritto di intervento e di voto del condomino. Né l’interesse del condomino pretermesso a proporre l’impugnazione viene meno per il fatto che la delibera sia stata seguita da altra presa sullo stesso oggetto fa assemblea ritualmente convocata.”

2 commenti:

raffaella ha detto...

All'interno del condominio in cui abito, alcuni condomini hanno la cattiva abitudine di fumare, spegnendo i mozziconi ovunque anche all'interno dll'escensore.
L'amministratore mi riferisce che non ha poteri.
Potri avere dhiarimenti in merito?.

Unknown ha detto...

Pare strano che un amministratore possa dare una simile risposta, ma non ho motivo di dubitare, evito commenti sul gollega e ti allego la circolare del 17 dicembre 2004.Tutela della salute dei non fumatori
Circolare 17 dicembre 2004
TMinistero della SaluteT
Circolare 17 dicembre 2004
Indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti all'entrata in vigore dell'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori
Nell'approssimarsi della data di piena entrata in vigore delle prescrizioni dell'art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori - prevista per il 10 gennaio 2005 ex art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266 – si ritiene proficuo, con la presente, fornire alcuni chiarimenti e utili indicazioni sulla portata ampiamente innovativa di dette disposizioni.
1. Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dai provvedimenti di seguito cronologicamente elencati:
a. legge n. 584 dell'11 novembre 1975 (in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1975, n. 322);
b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995 (in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1996, n. 11);
c. art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2001, n. 301);
d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003, n. 15);
e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003;
f. decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2003, n. 300);
g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.
2. La normativa sopra richiamata - e, in particolare, l'art. 51 della legge n. 3/2003 - persegue il fine primario della «tutela della salute dei non fumatori», con l'obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola, limitata esclusione delle eccezioni espressamente previste.
Il fumo di tabacco è la più importante causa di morte prematura e prevenibile in Italia e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale; ecco perché la prevenzione dei gravi danni alla salute derivanti dalla esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro Paese e dell'U.E..
La nuova normativa si inserisce in questa visione strategica e per questo si rende necessario garantire il rispetto delle norme di divieto e il sanzionamento delle relative infrazioni.
Il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma anche in tutti quelli privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti. Tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti in quanto «utenti» dei locali nell'ambito dei quali prestano la loro attività lavorativa. E' infatti interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla
salute causati dal fumo.
In forza di detto generalizzato divieto, la realizzazione di aree per fumatori non rappresenta affatto un obbligo, ma una facoltà, riservata ai pubblici esercizi e ai luoghi di lavoro che qualora ritengano opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.
3. Per ciò che concerne l'ambito oggettivo di applicazione della norma, essa applica il divieto di fumo a tutti i locali chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico. Per quelli pubblici, poi, il comma 10 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 mantiene immodificate le attuali disposizioni in materia, restando così confermato il divieto totale di fumo in scuole, ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli di proprietà dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche.
Le nuove prescrizioni del citato art. 51 «tutela della salute dei non fumatori» della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, sono inoltre applicabili e vincolanti per la generalità dei «locali chiusi» privati aperti ad utenti o al pubblico, di cui al comma 1 del medesimo articolo, ivi compresi, oltre a bar e ristoranti, circoli privati e tutti i locali di intrattenimento, come le discoteche, e quelli ad essi assimilati, come le palestre, le sale corse, le sale gioco, le sale video games, le sale Bingo, i cinema multisala, i teatri, salva solo la facoltà di attrezzare a norma aree riservate a fumatori.
Resta fermo che, considerata la libera accessibilità a tutti i locali di fumatori e non fumatori, la possibilità di fumare non può essere consentita se non in spazi di inferiore dimensione attrezzati all'interno dei locali, proprio per la definizione «riservati ai fumatori» utilizzata al comma 1b dell'art. 51 della legge n. 3/2003.
4. Per quanto concerne specificamente le responsabilità che gravano sui gestori degli esercizi pubblici, l'art. 7 della legge n. 584/1975, come espressamente disposto dal comma 5 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, è stato sostituito dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28
dicembre 2001 che prevede un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro cui spetta, in base all'art. 2 della legge n. 584/1975, di curare l'osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito.
A tale riguardo e per comprendere esattamente la portata della norma, deve essere richiamato l'art. 4, lettera c), della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995, il quale prevede testualmente: «Per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all'osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689».
Al riguardo si precisa che sui soggetti responsabili della struttura o sui loro delegati ricadono gli obblighi di:
1) richiamare formalmente i trasgressori all'osservanza del divieto di fumare;
2) segnalare, in caso di inottemperanza al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori, ai pubblici ufficiali e agenti ai quali competono la contestazione della violazione del divieto e la conseguente redazione del verbale di contravvenzione.
Sarà loro cura anche esporre cartelli, come indicato nell'accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 16 dicembre 2004.
In presenza di violazioni a detta disposizione si applicano le misure sanzionatorie previste dall'art. 7, secondo comma, della legge 11 novembre 1975, n. 584, recante «Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico» con particolare riferimento all'art. 2 della medesima legge.
5. L'art. 2 della legge n. 584 dell'11 novembre 1975 inquadrato nel
contesto organico della disciplina all'esame, porta ad escludere limitazioni agli obblighi dei gestori, i quali pertanto non sono tenuti soltanto alla materiale apposizione del cartello di divieto di fumo ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori osservando così gli adempimenti previsti dal richiamato art. 4, lettera c), della direttiva 14 dicembre 1995. Infatti, il tenore letterale del sopra citato art. 2, che recita testualmente «... curano l'osservanza del divieto ...», risulterebbe assolutamente privo di concreto significato pratico ove inteso nel senso di limitare gli obblighi dei gestori alla mera esposizione del cartello, poiché ciò non giustificherebbe in alcun modo la applicazione delle misure sanzionatorie, comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001. Inoltre, considerato che il comma 9 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 ha fra l'altro mantenuto in vigore anche l'art. 5 della citata legge n. 584/1975, qualora non siano osservati gli obblighi che ricadono sui gestori, il questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale.
6. Quanto alla previsione di aumenti degli importi delle sanzioni, misura contemplata nella legge finanziaria 2005, sembra sufficiente ricordare il principio che si debbono applicare le misure sanzionatorie vigenti al momento dell'accertamento della violazione: principio inequivoco, idoneo a superare qualsivoglia dubbio in subiecta materia, ivi compreso quello delle modalità di aggiornamento dei cartelli di divieto, posto che ogni presunta difficoltà al riguardo può essere agevolmente superata con l'apposizione, di semplici talloncini autoadesivi indicatori delle variazioni intervenute agli importi delle sanzioni.
7. Con l'accordo definito nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 16 dicembre 2004 è stata data attuazione al comma 7 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, ridefinendo in particolare le procedure per l'accertamento delle infrazioni e l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali. L'approvazione di tale accordo ha completato il quadro organico della disciplina di settore relativa al divieto di fumo.
Va precisato, in questo senso, che i dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e di
agenzie pubbliche individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Resta inteso che, ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione.
Nei locali privati in cui si svolge comunque un servizio per conto dell'amministrazione pubblica sono invece tenuti a vigilare sul rispetto del divieto di fumare, ad accertare le infrazioni ed a contestare la violazione i soggetti cui spetta per legge, regolamento o disposizioni di autorità assicurare l'ordine interno dei locali.
Nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare i soggetti incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle infrazioni, come pure il personale dei corpi di polizia amministrativa locale, conformemente alle disposizioni vigenti, nonché le guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, su richiesta dei responsabili o di chiunque intenda far accertare infrazioni al divieto:
- vigilano sull'osservanza dell'applicazione del divieto;
- accertano le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
- redigono in triplice copia il verbale di contestazione, che deve dare atto dell'avvenuto richiamo da parte del responsabile della struttura o suo delegato e contenere:
- gli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle modalità con le quali può avvenire il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta;
- l'indicazione dell'autorità cui far pervenire scritti difensivi;
- notificano il verbale ovvero, quando non sia possibile provvedervi immediatamente, ne assicurano la notifica a mezzo posta (entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione), secondo la procedura prevista dalla legge 20 novembre 1982, n. 890.
Le indicazioni finora espresse, ovviamente, non pregiudicano la possibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, normalmente impegnati in altri compiti istituzionali di maggior rilievo, di svolgere tali attività di accertamento e di contestazione delle infrazioni di propria iniziativa ovvero nell'ambito dei servizi di cui sono incaricati, come previsto dall'art. 13, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nei locali privati, infine, i soggetti cui spetta vigilare sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi o nei collaboratori da essi formalmente delegati che, in base a quanto chiarito al punto 4 della presente circolare, richiamano i trasgressori all'osservanza del divieto e provvedono a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti pubblici incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle violazioni in precedenza indicati.
Fermi i chiarimenti e le indicazioni di cui sopra, corre l'obbligo di ribadire anche in questa sede che ogni eventuale, ulteriore dubbio che dovesse emergere dalla normativa sul divieto di fumare a tutela della salute dei non fumatori dovrà essere valutato alla luce del fondamentale principio cui e' informata tale disciplina, in base al quale «è proibito fumare in tutti i locali chiusi, ad eccezione delle abitazioni private e dei locali riservati ai fumatori se esistenti e purché dotati delle caratteristiche previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003».
Roma, 17 dicembre 2004
Il Ministro della Salute
Fonte: Ministero della Salute