martedì 17 novembre 2009

Delibere annullabili e delibere nulle


La distinzione tra delibere nulle o annullabili assume una notevole rilevanza pratica poiché l’impugnazione delle delibere annullabili deve essere proposta necessariamente, a pena di decadenza, entro il termine di 30 giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i condomini presenti in assemblea, ovvero dalla data di comunicazione della delibera medesima per gli assenti.
Trattasi di un termine inderogabile ed il suo decorso non può essere interrotto, poiché trattasi di termine di decadenza e non di prescrizione. Le delibere nulle possono invece essere impugnate in qualsiasi tempo, anche peraltro dal condominio che, con il suo voto, ha contribuito ad approvarle.
I vizi che determinano l’annullabilità devono perciò essere fatti valere tempestivamente dal condominio che vi abbia interesse, non oltre i trenta giorni previsti dalla legge. Decorso tale termine la delibera, pur irregolarmente assunta (e quindi potenzialmente annullabile), diventa anche di fatto esecutiva per tutti i condomini. In pendenza del termine per eventuali impugnazioni, l’amministratore diligente e responsabile attenderà il suo decorso prima di procedere all’attuazione specialmente di quelle deliberazioni assunte con una maggioranza minima oppure in presenza di pochi condomini.
L’impugnazione si propone con atto giudiziario da notificarsi al condominio in persona del suo amministratore pro-tempore. Il condominio, infatti, non essendo una persona giuridica e costituendo, invece, un ente di gestione, non ha una sede in senso tecnico per cui, ove non abbia designato nell’abito dell’edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l’organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell’amministratore che lo rappresenta (Cassazione, sentenza n. 16141).
Nonostante l’espressione ‘ricorso’ usata dal legislatore per proporre l’impugnazione, esigenze di sollecita soluzione delle questioni che possono intralciare o paralizzare la gestione condominiale, impongono l’uso dell’atto di citazione. Il giudizio che si instaura a seguito della proposizione dell’impugnativa è una vera e propria controversia giudiziaria, per mezzo della quale si va a stabilire la conformità della delibera alla legge o al regolamento di condominio.
Per quanto innanzi detto, e per chiedere la riforma di un’assemblea, non è sufficiente l’invio con raccomandata, nel rispetto dei termini, di una mera comunicazione all’amministratore di censura della stessa. Occorre invece instaurare un giudizio che troverà la sua naturale conclusione con la pronuncia di una sentenza da parte del giudice incaricato di deliberare.
Il termine per impugnare le delibere rimane di diritto sospeso dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, in concomitanza della sospensione dei termini processuali del periodo feriale. Gli effetti del giudizio di impugnazione. La proposizione dell’impugnazione non sospende l’efficacia della delibera impugnata, tuttavia può essere chiesta la sua sospensione e sarà il giudice a stabilire di concederla, nel caso in cui si ravvisi che nella pendenza del giudizio, la delibera che si censura possa arrecare al condomino un danno irreparabile.
Non è tale il danno patrimonialmente risarcibile, come ad esempio quello derivante al condomino dall’errata applicazione di un criterio di riparto delle spese oppure dal mancato accredito di un versamento invece eseguito. Il giudice, in ogni caso, non è chiamato a sostituire la sua decisione a quella nulla o illegittima dell’assemblea, dovendo egli limitarsi a dichiarare l’illegittimità o la nullità della delibera assunta dall’assemblea stessa (Cassazione 20 aprile 2001 n. 5889).

Il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere dell’assemblea non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. Gli è pertanto impedita ogni valutazione di merito circa l’opportunità, la convenienza, la saggezza o la ponderatezza della decisione assunta dai condomini in assemblea, salvo che questa non si traduca in violazione di specifiche norme legislative o regolamentari.
L’annullabilità in sede giudiziale di una delibera per ragioni di merito attinenti l’opportunità o la convenienza della gestione del condominio è configurabile solo nel caso di decisione viziata da eccesso di potere, cioè per un grave pregiudizio per la cosa comune.