lunedì 27 aprile 2009

Lavorare in condominio. Incontro Anammi - Ispesl sui rischi professionali

Lavorare in condominioPer garantire la sicurezza sul lavoro anche in ambito condominiale, l’ Associazione Nazional - europea degli AMMinistratori d’ Immobili, in sinergia con l’ Ispesl, ha organizzato un seminario sul Testo Unico della Sicurezza. Una collaborazione fattiva con l’ Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (Ispesl) per rendere più sicuro vivere e lavorare in condominio.

Con questo obiettivo l’ ANAMMI, l’ Associazione nazional - europea degli AMMinistratori d’ Immobili, ha organizzato un seminario sul Testo Unico della Sicurezza (Dlgs n. 81 / 2008). A illustrare le misure più recenti in materia di salute nei luoghi di lavoro è stato Carlo Vito Magli, direttore dell’ Ufficio Affari Legali dell’ Ispesl. Un tema, quello della sicurezza, che tocca da vicino l’ amministratore di condominio: questi, per legge, è da considerarsi il datore di lavoro di tutti coloro che operano professionalmente nei condomini (giardinieri, portieri, manutentori di vario tipo).

In particolare il dlgs 81 / 08, integrato da poco tempo da alcune nuove disposizioni, impone l’ assolvimento di alcuni obblighi per i quali, però, oltre alla professionalità dell’ amministratore, occorre anche l’ intervento di tecnici, supervisionati da chi amministra il condominio. In tal senso, l’ ANAMMI prevede in futuro altre iniziative di formazione e approfondimento sulle problematiche della salute nei posti di lavoro e della sicurezza in casa.

Per il presidente Giuseppe Bica, “il Dlgs 81 conferma la necessità di un approccio altamente professionale ai problemi condominiali. Ecco perché l’ ANAMMI continua a promuovere la filosofia del bollino blu, intesa come certificazione delle competenze dell’ amministratore. In questo modo, viene garantiamo sia la serietà dei nostri associati sia i destinatari ultimi del nostro lavoro, ovvero i condomini”.

Integra diffamazione dare dell’incompetente all’amministratore di condominio in materia edilizia

Cass. , Sez. V Penale, Sentenza del 18 febbraio 2009, n. 7069

In materia di diffamazione, la critica che si manifesti attraverso l'esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente, nella ricorrenza degli altri requisiti (rappresentati dall'interesse alla comunicazione e dalla correttezza del linguaggio adoperato), allorché sussista la verità oggettiva di quanto rappresentato quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento della elaborazione critica, poiché l'esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate in quanto non può essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti (o espressioni mai pronunciate), per poi esporlo a critica come se quei fatti (o quelle espressioni) fossero effettivamente a lui riferibili.

(Nella specie i giudici hanno ritenuto di carattere complessivamente diffamatorio l'addebito di “incompetenza in materia edilizia” formulato dal ricorrente al nuovo amministratore, senza che tale accusa fosse basata su un qualche elemento di fatto, additando anche l'amministratore come persona scorretta e tutt'altro che commendevole.)

Non c’è l’obbligo di spalmare i debiti



Il compito forse più difficile di un amministratore è esigere i debiti dai condomini morosi. Specie in questi ultimi tempi: secondo l’Anammi (Associazione nazionale degli amministratori d’immobili), infatti, in tempi normali la percentuale di morosi è pari al 10% dei condòmini, ma con la crisi la quota si è raddoppiata. In questo impegno, però, l’amministratore ha la legge dalla sua: infatti può ricorrere al giudice per ottenere la riscossione forzata delle spese, senza la necessità di avere l’approvazione dell’assemblea. Non può, invece, ripartire i debiti tra i condomini che hanno già pagato. Solo in caso di urgenza - per esempio, perché si rischia il taglio per insolvenza delle forniture di luce, acqua e gas - l’assemblea può votare a maggioranza la costituzione di un fondo comune da usare per pagare i fornitori, da restituire poi ai condomini in regola una volta riscossi i debiti.
Nota positiva: non è più possibile, per i creditori (ditte edili, portiere, fornitori), chiedere al giudice di pignorare uno qualsiasi degli appartamenti condominiali per saldare il debito, come accadeva una volta, salvo il diritto del «capro espiatorio» a rivalersi successivamente sull’intero condominio. La Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito nel 2008 che i debiti del condominio non sono solidali, cioè ognuno è responsabile solo della propria quota: gli inadempienti, quindi, saranno i soli a dover rispondere di eventuali spese aggiuntive e a rischiare di vedersi pignorata la casa