Amministrazione Stabili, Gestione Affitti, Consulenza Tecnica, Consulenza Legale, Progettazzioni, Presentazioni DIA, Assisenza Cantiere, POS, Direzione Lavori
mercoledì 18 novembre 2009
martedì 17 novembre 2009
Delibere annullabili e delibere nulle
Trattasi di un termine inderogabile ed il suo decorso non può essere interrotto, poiché trattasi di termine di decadenza e non di prescrizione. Le delibere nulle possono invece essere impugnate in qualsiasi tempo, anche peraltro dal condominio che, con il suo voto, ha contribuito ad approvarle.
I vizi che determinano l’annullabilità devono perciò essere fatti valere tempestivamente dal condominio che vi abbia interesse, non oltre i trenta giorni previsti dalla legge. Decorso tale termine la delibera, pur irregolarmente assunta (e quindi potenzialmente annullabile), diventa anche di fatto esecutiva per tutti i condomini. In pendenza del termine per eventuali impugnazioni, l’amministratore diligente e responsabile attenderà il suo decorso prima di procedere all’attuazione specialmente di quelle deliberazioni assunte con una maggioranza minima oppure in presenza di pochi condomini.
L’impugnazione si propone con atto giudiziario da notificarsi al condominio in persona del suo amministratore pro-tempore. Il condominio, infatti, non essendo una persona giuridica e costituendo, invece, un ente di gestione, non ha una sede in senso tecnico per cui, ove non abbia designato nell’abito dell’edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l’organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell’amministratore che lo rappresenta (Cassazione, sentenza n. 16141).
Nonostante l’espressione ‘ricorso’ usata dal legislatore per proporre l’impugnazione, esigenze di sollecita soluzione delle questioni che possono intralciare o paralizzare la gestione condominiale, impongono l’uso dell’atto di citazione. Il giudizio che si instaura a seguito della proposizione dell’impugnativa è una vera e propria controversia giudiziaria, per mezzo della quale si va a stabilire la conformità della delibera alla legge o al regolamento di condominio.
Per quanto innanzi detto, e per chiedere la riforma di un’assemblea, non è sufficiente l’invio con raccomandata, nel rispetto dei termini, di una mera comunicazione all’amministratore di censura della stessa. Occorre invece instaurare un giudizio che troverà la sua naturale conclusione con la pronuncia di una sentenza da parte del giudice incaricato di deliberare.
Il termine per impugnare le delibere rimane di diritto sospeso dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, in concomitanza della sospensione dei termini processuali del periodo feriale. Gli effetti del giudizio di impugnazione. La proposizione dell’impugnazione non sospende l’efficacia della delibera impugnata, tuttavia può essere chiesta la sua sospensione e sarà il giudice a stabilire di concederla, nel caso in cui si ravvisi che nella pendenza del giudizio, la delibera che si censura possa arrecare al condomino un danno irreparabile.
Non è tale il danno patrimonialmente risarcibile, come ad esempio quello derivante al condomino dall’errata applicazione di un criterio di riparto delle spese oppure dal mancato accredito di un versamento invece eseguito. Il giudice, in ogni caso, non è chiamato a sostituire la sua decisione a quella nulla o illegittima dell’assemblea, dovendo egli limitarsi a dichiarare l’illegittimità o la nullità della delibera assunta dall’assemblea stessa (Cassazione 20 aprile 2001 n. 5889).
Il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere dell’assemblea non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. Gli è pertanto impedita ogni valutazione di merito circa l’opportunità, la convenienza, la saggezza o la ponderatezza della decisione assunta dai condomini in assemblea, salvo che questa non si traduca in violazione di specifiche norme legislative o regolamentari.
L’annullabilità in sede giudiziale di una delibera per ragioni di merito attinenti l’opportunità o la convenienza della gestione del condominio è configurabile solo nel caso di decisione viziata da eccesso di potere, cioè per un grave pregiudizio per la cosa comune.
venerdì 13 novembre 2009
Liti condominiali troppo lunghe, chi può chiedere il risarcimento del danno?
Vediamo perché.
In Italia, in virtù dell’adesione alla Convezione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (recepita con l. n. 855/1948), ogni persona ha diritto ad una durata ragionevole del processo (civile o penale) che la vede coinvolta.
Ciò significa che il procedimento non può essere eccessivamente lungo.
Il mancato rispetto di questa norma ha come conseguenza per il soggetto interessato il diritto ad ottenere un ristoro del danno subito.
Sul punto è significativo l’art. 2 della l. n. 89/01 (c.d. legge Pinto che disciplina per l’appunto l’equo indennizzo nel caso di irragionevole durata del processo) secondo cui: chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.
Gli altri articoli della legge Pinto specificano:
-qual è la forma della domanda da presentare;
-chi è il giudice competente a decidere;
-quali siano i tempi da rispettare per non incorrere in decadenze
Nel corso del tempo ci si è posti il problema d’individuare il soggetto legittimato ad agire per ottenere l’indennizzo.
In effetti, l’eccessiva laconicità della legge (che si limita a dire chi ha subito un danno…) non aiuta.
Se il danno è stato subito da una persona fisica (un privato cittadino per intendersi) il problema non si pone.
Allo stesso modo, la Cassazione ha esteso tale diritto alle così dette persone giuridiche (società di capitali, tipo s.p.a. o s.r.l., ma anche società di persone, come s.n.c. o s.a.s.).
Il problema non era stato ancora affrontato per il condominio.
Con la sentenza n. 22558 del 23 ottobre 2009, i Giudici di legittimità chiariscono (per quei casi in cui il condominio è parte in causa ed ha diritto al risarcimento) chi è il soggetto legittimato a chiedere il risarcimento del danno.
Secondo la Corte di Cassazione l’amministratore, salvo il caso di autorizzazione scritta da parte di tutti i condomini, non potrà agire per ottenere questo tipo di risarcimento.
Egli, infatti, è un mandatario dei condomini solo in relazione alla gestione e conservazione delle parti comuni dello stabile e non anche per altre questioni.
Non vi è dubbio, infatti, dice il Supremo Collegio, che il diritto all’equo indennizzo per la irragionevole durata di un processo non spetti all’ente condominiale che è proposto unicamente alla gestione della cosa comune in quanto l’eventuale patema d’animo conseguente alla pendenza del processo incide unicamente sui condomini che quindi sono titolari uti singuli del diritto di risarcimento (così Cass. 23 ottobre 2009, n. 22558).
In sostanza il diritto al risarcimento del danno è un diritto inerente la persona dei condomini e non le parti comuni dell’edificio dalle stesse abitato.
Ciò vuol dire che qualora l’amministratore agisse per questo indennizzo, autonomamente o sulla base di una semplice delibera adottata a maggioranza, si vedrebbe eccepire la carenza di legittimazione a stare in giudizio, ossia il giudice non potrebbe far altro che constatare che quel soggetto non aveva diritto d’iniziare la causa.
lunedì 9 novembre 2009
Condominio più sicuro grazie agli amministratori
http://www.amministrazionestabili-case.blogspot.comSeminario Anammi / Ispesl. Condominio più sicuro grazie agli amministratori
In un seminario organizzato dall’ ANAMMI, l’ Ispesl ha approfondito i punti essenziali del Testo Unico della Sicurezza, sottolineando l’ importanza del ruolo dei professionisti per quanto riguarda la valutazione rischi e l’ informazione ai lavoratori.
Il condominio è da considerarsi un luogo di lavoro, alla stessa stregua di
un’ azienda, per questo l’ amministratore deve valutare tutti i rischi di chi si
trova ad operarvi. È questa la conclusione del seminario, organizzato nei giorni scorsi dall’ ANAMMI in collaborazione con l’ Ispesl, e dedicato all’ attuazione del Testo Unico sulla Sicurezza (D.lgs 81 del 2008) in ambito condominiale.
A chiarire la filosofia e i contenuti del provvedimento sulla salute nei luoghi di lavoro, alla luce della giurisprudenza, è stato Carlo Vito Magli, direttore dell’ Ufficio Affari Legali dell’ Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro. In particolare, durante il seminario è stata ribadita la posizione di garanzia che l’ amministratore assume nell’ adempiere le prescrizioni in materia di sicurezza dei condomini e dei terzi che eventualmente entrino in contatto con l’ edificio condominale.
In tale ambito, diventa centrale l’ elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), vale a dire il documento nel quale viene formalizzata l’ analisi dei rischi effettivi per chi lavora negli spazi condominiali (portieri e operatori affini, come i custodi, i giardinieri, personale preposto alla vigilanza di piscina o campi sportivi).
Se è vero che nel decreto non è espressamente previsto l’ obbligo di redigere tale documento tuttavia, ha sottolineato Magli, “ciò non esclude, per l’ amministratore, l’ obbligo di valutazione dei rischi presenti o possibili nel condominio, allo scopo di informarne in maniera esaustiva i lavoratori e fornire loro dispositivi di protezione ed attrezzature di lavoro adeguate”.
In altre parole, la mancata previsione dell’ obbligo di valutazione dei rischi riguarda il solo aspetto dell’ elaborazione scritta del documento di valutazione, non l’ attività di valutazione in senso stretto come più volte affermato dalla giurisprudenza. Lo stesso lavoratore per quel che riguarda il suo ambito professionale, deve risultare adeguatamente formato, sulla base di apposita certificazione.
Tuttavia, a fronte di un obbligo di redazione che non c’ è, risulta non facile proporre, in assemblea condominiale, la spesa per elaborare il DVR il quale, grazie al contributo di un tecnico qualificato, può meglio prevedere rischi poco evidenti ma significativi. In particolare, tali rischi riguardano i luoghi di lavoro veri e propri, i fattori di rischio (dall’ incendio agli agenti
allergogeni e chimici, passando per gli apparecchi elettrici) oltre ai pericoli derivanti dall’ uso di prodotti e macchine, come gli attrezzi da lavoro.
Per Giuseppe Bica, presidente dell’ ANAMMI, il D.lgs. n. 81 del 2008 si basa su una cultura della sicurezza che soltanto amministratori competenti possono affermare di possedere. Ecco perché l’ ANAMMI intende proseguire il percorso avviato con l’ aiuto dell’ Ispesl, nella consapevolezza che soltanto così è possibile garantire sia la professionalità dei nostri associati sia gli utenti finali del nostro lavoro, ovvero i condòmini.
L’"intelligenza" il futuro degli impianti di illuminazione
L’"intelligenza" il futuro degli impianti di illuminazioneI nuovi sistemi per la gestione delle luci nei grandi impianti consentono risparmi fino al 75%Redazione GreenCity Pubblicato il: 02/11/2009 nella categoria Ambiente. |
Le spese per l’illuminazione rappresentano circa il 25% del consumo totale di energia elettrica di un edificio. Impianti realizzati con le tecniche ed i materiali più moderni sono in gtrado di tagliare questi costi.
A migliorare non è solo la bolletta elettrica dell’edificio, ma anche la sua valutazione ambientale e il suo valore economico complessivo.
Gli esempi più eclatanti vengono dall’America. Gary Meshberg, direttore commerciale di Encelium Technologies, produttrice di Energy Control System (ECS), è sicuro che sistemi intelligenti come quelli della sua azienda rappresentino il futuro dell’illuminazione nei grandi palazzi. ECS utilizza tecnologie di rete in comnbinazione con software e hardware per il controllo, che possono essere integrati con i sistemi di condizionamento e climatizzazione, sicurezza e perfino di irrigazione.
Un modulo I/O (input/output) universale consente il collegamento a componenti di illuminazione standard, quali lampadine a basso voltaggio, ma anche l’installazione di sensori di luce o di presenza per un controllo digitale dei sistemi di accensione e spegnimento delle luci. Il software permette la gestione ed il controllo della quantità di luce in ogni punto – non solo locali, ma perfino stazioni di lavoro all’interno degli open space - in modo indipendente e direttamente dal personal computer di ogni singola persona.
Il ROI (ritorno dell’investimento) di un sistema intelligente del genere è molto favorevole, secondo Meshberg. ECS sarebbe in grado di ridurre i costi relativi all’illuminazione dal 50 al 75 percento, permettendo il rientro dalle spese di investimento in soli 3 anni. Il Rogers Centre, complesso sportivo e di intrattenimento di Toronto, con circa 7000 punti di illuminazione, ha tagliato i consumi elettrici del 77%, per un totale di 3,731,000 KWh annui, grazie all’installazione di ECS, per un risparmio complessivo di $300,000 dollari .
Condominio: cosa cambia per gli ascensori
Condominio: cosa cambia per gli ascensori
Dallo scorso 1 settembre è entrato in vigore un nuovo Decreto che introduce norme finalizzate al miglioramento del livello di sicurezza degli ascensori condominiali. I soggetti inadempienti a queste norme non subiranno sanzioni di natura pecuniaria, ma potranno essere oggetto di una revoca dell’autorizzazione per l’utilizzo dell’ascensore stesso.mercoledì 30 settembre 2009
Casa: in crescita il numero dei condomini che non pagano
giovedì 24 settembre 2009
Spese condominiali: decreto ingiuntivo solo contro il proprietario dell’appartamento
Il Tribunale di Bari, con una sentenza resa nello scorso mese di giugno (sent. n. 2277/09), ribadisce quanto detto, sette anni fa, dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 5035/02): all’azione giudiziale di recupero del credito in ambito condominiale non si applica il principio dell’apparenza.
Detto in modo più diretto: il decreto ingiuntivo, per essere efficace, potrà essere emesso solamente contro il proprietario dell’unità immobiliare e non anche contro chi, per il suo modo di comportarsi, possa apparire tale.
Si tratta di una pronuncia importante, non solo perché è una delle poche rese dopo quella delle Sezioni Unite, ma anche perché aderisce a quell’indirizzo interpretativo.
Vale la pena approfondire che cosa s’intende per principio dell’apparenza e perché lo stesso non è applicabile in materia condominiale.
Il codice civile non definisce il concetto d’apparenza.
La giurisprudenza della Cassazione, così come la dottrina, affermano che per apparenza debba intendersi quella situazione di fatto che è in grado di trarre in inganno, ingenerando la convinzione che si tratti della realtà giuridica, la quale, invece, è differente.
L’esempio più classico è quello del pagamento al creditore apparente (art. 1189 c.c.).
In questo caso, il debitore è liberato da qualsiasi responsabilità se prova di aver agito in buona fede; sarà il creditore apparente a dover versare al creditore reale quanto indebitamente ricevuto.
Ciò significa che il suo comportamento andrà valutato in base ad una serie di circostanze che devono essere univoche a tal punto da far ritenere che chi si qualifica come creditore lo sia effettivamente.
Nel caso del condominio, fino alla sentenza delle Sezioni Unite, era dubbio se questo principio potesse applicarsi qualora l’amministratore avesse dovuto agire in giudizio per il recupero del credito.
Un esempio chiarirà la questione.
Si pensi a quei casi in cui tra Tizio e Caia, coniugi in separazione dei beni e con l’immobile intestato a Caia, sia sempre stato Tizio ad incaricarsi di pagare le quote condominiali, partecipare alle assemblee, ecc.
In una situazione del genere, sarà Tizio la persona nota al condominio ed all’amministratore che, basandosi sul comportamento tenuto nel corso degli anni da quel soggetto, potrebbe credere che sia egli stesso il proprietario dell’unità immobiliare (in sostanza del condomino nel senso tecnico del termine).
In tali casi, molto ricorrenti, Tizio altro non è che il c.d. condomino apparente.
Lo stesso amministratore, proprio sulla base di quell’errata convinzione generata dall’atteggiamento di Tizio, potrebbe essere indotto, nei casi in cui si ravvisasse la necessità di ottenere un decreto ingiuntivo per uno stato di morosità, ad agire contro Tizio.
Le Sezioni Unite della Cassazione, intervenute per risolvere il contrasto inerente l’applicabilità del principio dell’apparenza ai rapporti condominiali, hanno stabilito che tale principio non è applicabile nel settore del diritto condominiale.
Il motivo è molto semplice: il principio dell’apparenza è strumento utilizzabile soprattutto per la tutela del terzo in buona fede che non abbia l’obiettiva possibilità di verificare la rispondenza tra situazione di fatto e situazione di diritto, sicché sia in un certo qual modo costretto ad affidarsi a quanto gli si presenta.
Nel caso del condominio, invece, per l’amministratore – che nel rapporto con il condomino non può essere considerato un terzo – la situazione è di pronta soluzione.
Egli, infatti, potrà sempre verificare, tramite un visura presso la Conservatoria dei registri immobiliari, l’effettiva proprietà dell’unità immobiliare.
Ciò significa che ogni, qual volta si renda necessario iniziare un’azione di recupero del credito attraverso un ricorso per decreto ingiuntivo, l’amministratore dovrà verificare la rispondenza tra colui che si appalesa come condomino e la proprietà, in capo allo stesso, dell’unità immobiliare.
Solo se c’è corrispondenza potrà agire contro questo soggetto per ottenere un decreto ingiuntivo.
In caso contrario l’azione dovrà essere rivolta contro colui che risulti proprietario dai pubblici registri.
Il rischio, altrimenti, è quello di vedersi notificata un’opposizione che allo stato attuale verrebbe accolta.
Il tutto naturalmente, con le ovvie conseguenze in relazione al tempo perso ed alle spese vanamente sostenute.
lunedì 21 settembre 2009
Riforma della normativa sui condomini
Riforma della normativa sui condomini, il sen. Mugnai in Commissione Giustizia al Senato
Vivere in un condominio: gioie e dolori. O solo dolori?
Vivere in un condominio: gioie e dolori. O solo dolori?
Il condominio… ah, il condominio.
Girone infernale di litigiosi e ficcanaso, luogo mitologico dove i vicini diventano spioni e infiltrati nella nostra privacy, inferno in terra.
Come sapete, questo blog conta su due autori: uno, il più fortunato, risiede in una bella casa autonoma e, tranne un’esperienza positiva, non ha contatti con condomini; l’altra (io) invece vive in una bella palazzina, in un’ottima zona ma.. in un pessimo condominio.
Le liti si ripresentano puntuali ogni volta che si palesa una perdita sul tetto, ogni volta che si rompe la caldaia o la cisterna, ogni volta che la sottoscritta si scoccia di trovare le vedette lombarde sempre appese alle finestre per controllare gli affaracci altrui.
In Italia, si sa, le liti condominiali intasano i tribunali.
All’esplorazione dei meandri della vita condominiale dedica i propri sforzi l’Anaci, l’associazione italiana degli amministratori, che ha presentato mercoledì a Roma il suo terzo rapporto. Litigiosità e risparmio energetico sono le cause di lite secondo “I furbetti del condominio”, ricerca svolta in collaborazione con il Censis e compiuta tramite un sondaggio online su 339 amministratori, in rappresentanza dei circa 8mila associati.
Un piccolo esercito di professionisti disposti a tutto per realizzare i sogni di quiete dei propri assistiti. Un manipolo di valorosi che però spesso diventa simile a una pattuglia di caschi blu dell’Onu: cercano di mettere pace dove pace non c’è.
Secondo il rapporto dell’Anaci le liti più frequenti sono quelle tra singoli condomini, mentre quelle che derivano da mancati accordi sulla gestione delle parti comuni sono molte di meno. Nella ricerca si legge che “dalle opinioni espresse dagli amministratori riguardo ai motivi di litigiosità sembra emergere che il fenomeno è legato soprattutto a questioni di “intolleranza della presenza fisica del vicino”.
Ovvero: cortili che diventano campi da calcio e stanze trasformate in sale da concerto, effusioni ad altissimo volume e la signora del piano di sopra (nel mio caso è quella di sotto) che alle sette di mattina attraversa le proprie stanze con passo non proprio felpato.
Il 63,4% degli amministratori ritiene che il fenomeno sia in netto aumento ma che le liti solo raramente si traducano in contenziosi legali.
I dati raccolti però smentiscono, in parte, la percezione degli amministratori. Le cause in materia condominiale sono aumentate dell’8% nell’ultimo anno: 185mila contenziosi, di cui 120mila si svolgono per recuperare cifre irrisorie.
“Si tratta di una mole enorme di provvedimenti che invadono ogni anno la già lenta macchina della giustizia italiana, generando un costo enorme per la società”, dice Carlo Parodi, direttore nazionale del centro studi Anaci. “Senza considerare che per recuperare cifre irrisorie si sostengono spese che tra onorari, marche da bollo e tempi di lavorazione sono alla fine più elevate”, prosegue Parodi.
Ma se lo scalpo del vicino non ha prezzo, immaginate la soddisfazione nel portare in tribunale l’amministratore.
Contestare ogni riga delle delibere assembleari, opporsi con tutti i mezzi alle nuove tabelle millesimali o impugnare la nomina dell’amministratore, sono alcuni dei sogni proibiti degli amministrati nella loro quotidiana disputa con gli amministratori. Che pensano però ad azioni di contrasto per snellire l’impatto delle liti sulla macchina della giustizia. Nella ricerca si suggerisce una forte campagna d’informazione per regolamentare in modo leggero la gestione quotidiana di un condominio. Depliant, note informative e pagine di Televideo che facilitino i livelli di conoscenza dei diritti-doveri.
Altra linea della ricerca è quella sull’impatto economico delle spese per il riscaldamento delle abitazioni. La proposta è predisporre sistemi in cui sia possibile la contabilizzazione del calore, cioè la possibilità di attivare il riscaldamento solo quando necessario. Sistemi che permettono una riduzione della spesa fino al 40% l’anno.
E alla vita in condominio mette mano anche il Senato. Allo studio un Testo Unico per raggruppare le miriadi di disposizioni in materia. L’obiettivo è snellire. Tra i provvedimenti all’ordine del giorno, il diritto di voto agli inquilini sulle decisioni ordinarie, incarico biennale all’amministratore, contabilità più facile da interpretare e sempre accessibile, azione esecutiva obbligatoria contro chi non paga le spese e limiti all’installazione delle antenne tv.
Speriamo che qualcosa migliori, anche se poi mi mancherebbero le corride del mio palazzo….
Info tratte da Repubblica.it
martedì 1 settembre 2009
Muggiò - Tutti in strada per dire no al ripetitore - Muggiò
PROTESTA
Da una settimana i residenti di via Bandiera presidiano un parcheggio per impedire la posa di un'antenna per cellulari
TUTTI IN STRADA PER DIRE NO AL RIPETITORE
I cittadini si sono organizzati in un comitato, raccolte per la causa una sessantina di firme
MUGGIO'
«Noi qui l'antenna non la vogliamo».Non potrebbe essere più chiara la posizione dei residenti di via fratelli Bandiera impegnati, ormai ..."
giovedì 30 luglio 2009
Il cane del vicino la notte abbaia e non fa dormire
Francesco Ammerata, Cosenza
Gli animali domestici fanno ormai parte a pieno titolo delle famiglie, ma la loro presenza in un condominio può influire sulla serenità dei residenti. È per questo che i padroni devono saperli gestire, in modo che infastidiscano il meno possibile, per evitare liti e scontri. La detenzione di un animale può integrare in astratto la fattispecie prevista all’art. 844 c. c., in quanto, interpretato estensivamente, è suscettibile di trovare applicazione in tutte le ipotesi di immissioni che provochino una situazione di intollerabilità attuale. Perciò, in mancanza di un regolamento contrattuale che vieti al singolo di tenere animali nella sua esclusiva proprietà, la legittimità di questa detenzione deve essere accertata dal giudice alla luce dei criteri che presiedono la valutazione della tollerabilità delle immissioni (Tribunale di Piacenza 10 aprile 1990, n. 231 in Arch. Loc. 1990, 287).
“L’amministratore di condominio è legittimato ad agire giudizialmente per il rispetto del regolamento e per la cessazione di molestie derivanti dalla detenzione di animali negli appartamenti, e la competenza in ordine a tale questione spetta al pretore”, recita la sentenza del Tribunale civile di Parma, 11 novembre 1968 (in Riv. Giur. Edil. 1971, 446). Nel caso descritto, il nostro lettore dovrebbe per prima cosa far presente il problema al vicino di casa. Se il disturbo non cessa dovrà coinvolgere ufficialmente l’amministratore, chiedendogli con raccomandata con ricevuta di ritorno, di prendere provvedimenti. Per legge spetta a lui di far rispettare il regolamento di condominio, che di solito vieta lo svolgimento di attività rumorose nel palazzo. Se neppure il suo intervento sortisce effetto, non resta che ricorrere all’autorità giudiziaria.
Una decisione del Tribunale civile di Napoli (ordinanza 25 ottobre 1990, Ragosta e altri contro Miranda e Cario, in Arch. loc. e cond. 1990, 737) specifica: “Nel caso in cui un regolamento condominiale di tipo contrattuale vieti di tenere animali che possono recare disturbo ai condomini, il giudice, accertati questi disturbi, può ordinare, con provvedimento d’urgenza, l’allontanamento degli animali dagli appartamenti in cui sono tenuti”.
Sempre il Tribunale di Napoli ha confermato (ordinanza 8 marzo 1994, in Arch. loc. e cond. 1994, 337) che il giudice, con provvedimento d’urgenza, può ordinare a organi pubblici di allontanare gli animali molesti dal condominio, con divieto assoluto di ritorno.
martedì 14 luglio 2009
Risparmio energetico. Vecchie e nuove regole per la detrazione del 55%
Risparmio energetico. Vecchie e nuove regole per la detrazione del 55%
La detrazione sulle opere di recupero per il risparmio energetico riguarda quattro particolari tipi di lavori. Occorre raggiungere certi particolari livelli di risparmio fissati dal Decreto del Ministero dello Sviluppo 11 marzo 2008 (solo un tecnico è in grado di valutarli).
Le opere sono:
1. Qualsiasi opera di riqualificazione globale dell’ edificio che permetta di raggiungere determinati parametri di fabbisogno termico Gli obiettivi da conseguire variano a seconda dell’anno in cui si sono terminati i lavori. Infatti i parametri sono due, il primo valido per il biennio 2008 - 2009, il secondo, più rigido, per il 2010. L’ agevolazione scatta solo se il fabbisogno termico ridotto si consegue in edifici completi (condomini e villette): esclusi i singoli appartamenti. In genere si tratta dell’azione combinata dei punti 2) e 4).
2. Le coibentazioni degli edifici con particolari requisiti di trasmittanza termica (misura del flusso di calore che passa attraverso una parete per metro quadrato di superficie), prefissati dallo stesso Decreto dello Sviluppo, che riguardino:
a) pareti che danno sull’ esterno
b) finestre e portefinestre che danno sull’ esterno e che racchiudono zone riscaldate (escluse, per esempio, le finestre sulle scale condominiali o le porte di ingresso degli appartamenti)
c) pavimenti e soffitti
3. L’ installazione di pannelli solari termici. Requisiti: garanzia minima di 5 anni per pannelli e i bollitori e di 2 anni per accessori e i componenti tecnici, nonché conformità alle norme UNI 12975 e UNI 12976.
4. La sostituzione di caldaie esistenti con modelli a condensazione. Necessari: un certo rendimento termico utile; bruciatore di tipo modulante su sui agisce direttamente la regolazione climatica, pompa di tipo elettronico a giri variabili;valvole termostatiche su tutti i caloriferi (con esclusione del riscaldamento a pavimento). Oppure sostituzione delle caldaie esistenti con impianti geotermici a bassa entalpia.
Tetti di spesa
Sono variabili a seconda del tipo di opera. È possibile cumulare (cioè godere di più detrazioni e di più tetti di spesa) le agevolazioni elencate nei punti 2), 3) e 4) (coibentazioni, pannelli solari e caldaie) eseguendo ciascuna di queste opere. Viceversa l’ agevolazione del punto 1) (la riqualificazione globale) è cumulabile solo con l’ agevolazione del punto 3) (i pannelli solari). I tetti di spesa previsti sono relativi a ciascuna unità immobiliare (se ci sono più comproprietari, vanno ripartiti tra essi). Fa eccezione l’ intervento di riqualificazione totale per cui il tetto di 1000 mila euro di detrazione è relativo a tutto il fabbricato.
Rateizzazione
Per le opere eseguite nel 2009 e 2010 (anche se terminate negli anni successivi, fino al 2010), la detrazione avviene in 5 rate di uguale importo. Ricordiamo che per quelle eseguite nel 2008 (anche se terminate negli anni successivi, fino al 2010), il contribuente aveva possibilità di scelta tra 3 e 10 rate e per quelle del 2007, invece, erano previste 3 rate.
Quanto dura l’ agevolazione
Al momento (salvo proroga) per le opere pagate entro il 31 dicembre 2010.
Per quali immobili
Tutti i tipi di immobili, purché i lavori siano eseguiti per proprio utilizzo (non per la vendita, da parte di imprese di costruzione).
Pagamenti
Occorre naturalmente conservare le regolari fatture. Per i contribuenti che non siano titolari di reddito d’ impresa, è necessario che i versamenti siano fatti con apposito bonifico bancario o postale, salvo casi particolari (oneri dovuti alla pubblica amministrazione, ritenute di acconto operate sui compensi dei professionisti, che non risulteranno nel bonifico, ma saranno riportate solo sulla fattura). Nel bonifico, vanno riportati la causale del versamento; il codice fiscale del beneficiario della detrazione; il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale è effettuato il bonifico (ditta o professionista che ha effettuato i lavori).
La data che conta, ai fini della detrazione, è quella del bonifico (perciò, in condominio, non ha rilievo quella del versamento delle rate all’amministratore). I titolari di reddito di impresa sono invece esonerati dall’ obbligo del bonifico: la prova delle spese può essere costituita da altra idonea documentazione.
martedì 7 luglio 2009
Quante deleghe?
Cassazione sentenza N° 5315 del 29.05.98 "Deleghe"
mercoledì 1 luglio 2009
L'amministratore di un singolo condomino
Tribunale di Torino, Sentenza del 2 aprile 2008 n. 2454
L’amministratore di un singolo condominio non è legittimato ad agire in giudizio ai sensi dell’art. 1131, 1° comma, c.c. a tutela delle parti comuni ai vari edifici che, nel loro insieme, costituiscono il c.d. supercondominio. Infatti, nelle ipotesi in cui un bene comune sia al servizio di più edifici condominiali, la gestione di detto bene deve essere attribuita dai comunisti ad un apposito amministratore e non può essere rimessa agli amministratori dei singoli condomini i quali possono esercitare i poteri previsti dalla legge soltanto con riferimento all’edificio cui sono preposti
Tribunali inondati da cause condominiali. Due milioni di italiani portano in giudizio il vicino di casa
Nei tribunali italiani circa 2 milioni di cause aperte riguardano liti condominiali per i motivi più vari: rumori di tacchi, centrifuga della lavatrice, bucato gocciolante, mozziconi di sigarette nel cortile e nel balcone di sotto, odori troppo forti e molto altro. Si litiga per tutto e per motivi più o meno seri: si passa da casi di normale e ordinaria insofferenza a vere e proprie esagerazioni, come quello di una signora che a Milano ha fatto causa a 500 famiglie del suo condominio per quattro gatti che vivevano nel cortile e che erano tollerati da tutti.
Oppure il caso di un signore pugliese, che in seguito al trasferimento in città voleva portare con sé il cavallo e pretendeva di tenerlo in garage. In alcuni casi è davvero necessario l'intervento delle autorità, come a Sondrio, dove il giudice ha dato ragione a un condomine che si lamentava del vicino: teneva 12 cani in 60 metri quadrati.
A parte questi casi limite, dove l'intervento giudiziario è necessario, è stato calcolato che scoppia una lite tra condomini per futili motivi ogni 20 minuti. Il 25% finisce in tribunale per un giro di tre miliardi di spesa annua. Dalle statistiche emerge anche che molte di queste liti scoppiano a “causa” degli animali: piccioni, cani, gatti, tartarughe etc. In realtà la maggior parte delle volte gli animali sono solo il pretesto per dare sfogo ad altri rancori: il chiasso notturno, i rumori in cortile, la manutenzione degli spazi comuni, il parcheggio di auto, motorini e biciclette etc.
Le regioni più “rissose” sono Lombardia, Lazio, Puglia, Veneto e Toscana, mentre il podio per le città più litigiosa va a Milano, seguita da Roma e Padova. Secondo i dati diffusi dall'Anammi, l'associazione amministratori di immobili, due milioni di italiani sono in causa con il vicino, per motivi più o meno seri.
venerdì 12 giugno 2009
Se l'amministratore di condominio
fa sparire i soldi delle bollette
I proprietari sono già ricorsi agli avvocati che hanno scongiurato l’interruzione della fornitura e avviato un iter che prevede la convocazione di un’assemblea oltre alla revoca dell’incarico all’a mministratore infedele con nomina di un sostituto, mentre una querela sarà presentata a breve. Nel caso dei dieci condomini amministrati da M. M., la vicenda è di pochi giorni fa (in alcuni stabili non veniva pagato il gas dal maggio 2008), ma per quel che riguarda il palazzo di via Battindarno (100 mila euro di buco) sono già arrivate le ingiunzioni di pagamento dalla ditta edile che ha curato la ristrutturazione della facciata con gli inquilini chiamati a pagare due volte il lavoro. Gli avvocati che li tutelano hanno comunque presentato opposizione al provvedimento. Per ciò che concerne il condominio di via Altobelli, l’amministratore M. T. ha tentato di limitare i danni pagando 34 mila euro a Hera alla fine di aprile (rispetto a un debito di 56 mila) il giorno stesso in cui gli inquilini (23 famiglie) hanno incontrato l’avvocato. Non è bastato a fermare l’azione legale visto che l’amministratore aveva lasciato da pagare anche circa 60 mila euro tra fornitori, imprese e pulizia scale.
Siccome i movimenti bancari hanno accertato che sono stati spostati soldi da un condominio all’altro, partiranno anche azioni di risarcimento nei confronti di quegli stabili le cui spese sono state pagate con denaro altrui all’insaputa degli inquilini. In tutti i casi gli amministratori infedeli hanno usato lo stesso sistema: spostare soldi da un conto condominiale all’altro coprendo le spese di volta in volta e prelevando arbitrariamente soldi fino a determinare un vero e proprio crack nei bilanci di palazzi che hanno un giro d’affari di migliaia di euro all’anno.
venerdì 22 maggio 2009
Condominio, la lite scoppia soprattutto a Nord
Quelli più agguerriti abitano in Veneto, Campania, Lazio, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna. Le regioni maggiormente tranquille per numero di liti condominiali sono invece Basilicata e Sardegna
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Può essere considerato il vicino di casa fastidioso all’ex fidanzato che pratica lo stalking (molestia)?
Non fino a questo punto sostiene il presidente ANAMMI (Associazione Nazional-Europea
degli AMMinistratori d’Immobili), Giuseppe Bica, anche perché se questa strada potrebbe essere teoricamente percorribile “non essendoci ancora una giurisprudenza al riguardo, e’ rischioso creare grandi aspettative. Anche perché non è così agevole assimilare il vicino fastidioso all’ex fidanzato persecutore”.
Sta di fatto che secondo il monitoraggio dell’ANAMMI, le dispute tra gli abitanti dello stesso
immobile sono numerosissime.
Più frequenti al Nord, in particolare in Veneto e Lombardia. Al Centro-Sud, invece, si discute soprattutto in Campania e nel Lazio.
Nel 45% dei casi le liti fra condomini si registrano a Nord, mentre Centro e Sud seguono a distanza, rispettivamente con il 30 e il 25% sull’ammontare totale delle dispute di pianerottolo. E’ quanto ha rilevato ANAMMI basandosi sull’attività dei suoi 13.000 associati, per evidenziare alcune significative differenze nella distribuzione regionale delle liti.
Ma perché si litigherebbe di più al Nord che al Sud o nelle Isole?
Una spiegazione potrebbe essere “la forte densità urbana e industriale del Nord-Italia, con una vita cittadina - sostiene Bica - decisamente stressante e con un’incidenza notevole dell’immigrazione, che spesso innesca conflitti legati alle diversità culturali”mercoledì 20 maggio 2009
Animali in condominio: in Italia 70 liti al giorno tra vicini per cani e gatti
Le lavatrici, il bucato che gocciola, il rumore di tacchi sul pavimento, i mozziconi di sigaretta… Sarebbe lungo l’ elenco dei motivi che provocano insanabili rancori tra condomini, ma ultimamente ad aumentare l’ elenco della discordia condominiale ci sono anche gli animali. I cani, soprattutto, ma anche gatti, cavalli, piccioni, tartarughe sono causa di una lite tra vicini ogni 20 minuti e di queste almeno un quarto finisce in tribunale.
La denuncia arriva dall’ Aidaa, secondo i dati che i sostenitori dell’associazione in difesa degli animali hanno raccolto nei loro sportelli online. Lo scorso anno sono state almeno 26 mila le liti condominiali in Italia scatenante da animali, circa 70 al giorno.
I GATTI E L’ ASMA
Così, ecco ottomila pagine di carte processuali prodotte per chiarire il conflitto tra la signora che alla periferia di Milano ha fatto causa alle 500 famiglie del suo condominio per via di tre gatti (il quarto nel frattempo era morto) che vivevano nel cortile. Tutti i condomini li tolleravano ma lei no: i peli entravano dalla finestra e le provocavano l’ asma.
martedì 12 maggio 2009
Condominio, attenzione ai pericoli insidiosi e poco evidenti
L'amministratore è per legge garante della sicurezza dei condomini e dei terzi che eventualmente entrino in contatto con l'edificio condominiale
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Il concetto è stato ribadito nel corso di un recente seminario organizzato dall’ANAMMI, con riferimento al Testo Unico della Sicurezza (D.lgs 81 del 2008)
In quel contesto l’Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) ha sottolineato l’importanza del ruolo dei professionisti per quanto riguarda la valutazione rischi e l’informazione ai lavoratori.
Il condominio è infatti “un luogo di lavoro”, alla stessa stregua di un’azienda, e l’amministratore deve quindi valutare tutti i rischi di chi si trova ad operarvi.
Di fondamentale importanza si rivela quindi l’elaborazione del Documento di Valutazione
dei Rischi (DVR), nel quale viene formalizzata l’analisi dei rischi effettivi per chi lavora negli spazi condominiali (portieri e operatori affini, come i custodi, i giardinieri, personale preposto
alla vigilanza di piscina o campi sportivi).
Ciò anche se non esiste un vero e proprio obbligo formale a redigere il Documento, dato che secondo la giurisprudenza l’attività di valutazione del rischio in senso stretto non può essere mai omessa.
Il problema che si pone è però come proporre in assemblea la spesa per l’elaborazione, da parte di un tecnico qualificato del Documento, a fronte di un obbligo di redazione che non c’è.
Ciò soprattutto tenendo conto dei rischi che sono poco evidenti ma risultano significativi.
Fattori di rischio come incendio, agenti allergogeni e chimici, apparecchi elettrici, pericoli
derivanti dall’uso di prodotti e macchine, attrezzi da lavoro.
La soluzione? Secondo il presidente di ANAMMI, Giuseppe Bica, la soluzione sta nello sviluppare la cultura della sicurezza che compete in prima istanza ai professionisti del condominio, gli Amministratori.
mercoledì 6 maggio 2009
Seminario Anammi / Ispesl. Condominio più sicuro grazie agli amministratori
In un seminario organizzato dall’ ANAMMI, l’ Ispesl ha approfondito i punti essenziali del Testo Unico della Sicurezza, sottolineando l’ importanza del ruolo dei professionisti per quanto riguarda la valutazione rischi e l’ informazione ai lavoratori.
Il condominio è da considerarsi un luogo di lavoro, alla stessa stregua di
un’ azienda, per questo l’ amministratore deve valutare tutti i rischi di chi si
trova ad operarvi. È questa la conclusione del seminario, organizzato nei giorni scorsi dall’ ANAMMI in collaborazione con l’ Ispesl, e dedicato all’ attuazione del Testo Unico sulla Sicurezza (D.lgs 81 del 2008) in ambito condominiale.
A chiarire la filosofia e i contenuti del provvedimento sulla salute nei luoghi di lavoro, alla luce della giurisprudenza, è stato Carlo Vito Magli, direttore dell’ Ufficio Affari Legali dell’ Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro. In particolare, durante il seminario è stata ribadita la posizione di garanzia che l’ amministratore assume nell’ adempiere le prescrizioni in materia di sicurezza dei condomini e dei terzi che eventualmente entrino in contatto con l’ edificio condominale.
In tale ambito, diventa centrale l’ elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), vale a dire il documento nel quale viene formalizzata l’ analisi dei rischi effettivi per chi lavora negli spazi condominiali (portieri e operatori affini, come i custodi, i giardinieri, personale preposto alla vigilanza di piscina o campi sportivi).
Se è vero che nel decreto non è espressamente previsto l’ obbligo di redigere tale documento tuttavia, ha sottolineato Magli, “ciò non esclude, per l’ amministratore, l’ obbligo di valutazione dei rischi presenti o possibili nel condominio, allo scopo di informarne in maniera esaustiva i lavoratori e fornire loro dispositivi di protezione ed attrezzature di lavoro adeguate”.
In altre parole, la mancata previsione dell’ obbligo di valutazione dei rischi riguarda il solo aspetto dell’ elaborazione scritta del documento di valutazione, non l’ attività di valutazione in senso stretto come più volte affermato dalla giurisprudenza. Lo stesso lavoratore per quel che riguarda il suo ambito professionale, deve risultare adeguatamente formato, sulla base di apposita certificazione.
Tuttavia, a fronte di un obbligo di redazione che non c’ è, risulta non facile proporre, in assemblea condominiale, la spesa per elaborare il DVR il quale, grazie al contributo di un tecnico qualificato, può meglio prevedere rischi poco evidenti ma significativi. In particolare, tali rischi riguardano i luoghi di lavoro veri e propri, i fattori di rischio (dall’ incendio agli agenti
allergogeni e chimici, passando per gli apparecchi elettrici) oltre ai pericoli derivanti dall’ uso di prodotti e macchine, come gli attrezzi da lavoro.
Per Giuseppe Bica, presidente dell’ ANAMMI, il D.lgs. n. 81 del 2008 si basa su una cultura della sicurezza che soltanto amministratori competenti possono affermare di possedere. Ecco perché l’ ANAMMI intende proseguire il percorso avviato con l’ aiuto dell’ Ispesl, nella consapevolezza che soltanto così è possibile garantire sia la professionalità dei nostri associati sia gli utenti finali del nostro lavoro, ovvero i condòmini.
Per informazioni
Ufficio stampa ANAMMI
Silvia Cerioli
cell. 3387991367
lunedì 27 aprile 2009
Lavorare in condominio. Incontro Anammi - Ispesl sui rischi professionali
Per garantire la sicurezza sul lavoro anche in ambito condominiale, l’ Associazione Nazional - europea degli AMMinistratori d’ Immobili, in sinergia con l’ Ispesl, ha organizzato un seminario sul Testo Unico della Sicurezza. Una collaborazione fattiva con l’ Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (Ispesl) per rendere più sicuro vivere e lavorare in condominio.
Con questo obiettivo l’ ANAMMI, l’ Associazione nazional - europea degli AMMinistratori d’ Immobili, ha organizzato un seminario sul Testo Unico della Sicurezza (Dlgs n. 81 / 2008). A illustrare le misure più recenti in materia di salute nei luoghi di lavoro è stato Carlo Vito Magli, direttore dell’ Ufficio Affari Legali dell’ Ispesl. Un tema, quello della sicurezza, che tocca da vicino l’ amministratore di condominio: questi, per legge, è da considerarsi il datore di lavoro di tutti coloro che operano professionalmente nei condomini (giardinieri, portieri, manutentori di vario tipo).
In particolare il dlgs 81 / 08, integrato da poco tempo da alcune nuove disposizioni, impone l’ assolvimento di alcuni obblighi per i quali, però, oltre alla professionalità dell’ amministratore, occorre anche l’ intervento di tecnici, supervisionati da chi amministra il condominio. In tal senso, l’ ANAMMI prevede in futuro altre iniziative di formazione e approfondimento sulle problematiche della salute nei posti di lavoro e della sicurezza in casa.
Per il presidente Giuseppe Bica, “il Dlgs 81 conferma la necessità di un approccio altamente professionale ai problemi condominiali. Ecco perché l’ ANAMMI continua a promuovere la filosofia del bollino blu, intesa come certificazione delle competenze dell’ amministratore. In questo modo, viene garantiamo sia la serietà dei nostri associati sia i destinatari ultimi del nostro lavoro, ovvero i condomini”.
Cass. , Sez. V Penale, Sentenza del 18 febbraio 2009, n. 7069
In materia di diffamazione, la critica che si manifesti attraverso l'esposizione di una personale interpretazione ha valore di esimente, nella ricorrenza degli altri requisiti (rappresentati dall'interesse alla comunicazione e dalla correttezza del linguaggio adoperato), allorché sussista la verità oggettiva di quanto rappresentato quando un fatto obiettivo sia posto a fondamento della elaborazione critica, poiché l'esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate in quanto non può essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti (o espressioni mai pronunciate), per poi esporlo a critica come se quei fatti (o quelle espressioni) fossero effettivamente a lui riferibili.
(Nella specie i giudici hanno ritenuto di carattere complessivamente diffamatorio l'addebito di “incompetenza in materia edilizia” formulato dal ricorrente al nuovo amministratore, senza che tale accusa fosse basata su un qualche elemento di fatto, additando anche l'amministratore come persona scorretta e tutt'altro che commendevole.)
Non c’è l’obbligo di spalmare i debiti
Il compito forse più difficile di un amministratore è esigere i debiti dai condomini morosi. Specie in questi ultimi tempi: secondo l’Anammi (Associazione nazionale degli amministratori d’immobili), infatti, in tempi normali la percentuale di morosi è pari al 10% dei condòmini, ma con la crisi la quota si è raddoppiata. In questo impegno, però, l’amministratore ha la legge dalla sua: infatti può ricorrere al giudice per ottenere la riscossione forzata delle spese, senza la necessità di avere l’approvazione dell’assemblea. Non può, invece, ripartire i debiti tra i condomini che hanno già pagato. Solo in caso di urgenza - per esempio, perché si rischia il taglio per insolvenza delle forniture di luce, acqua e gas - l’assemblea può votare a maggioranza la costituzione di un fondo comune da usare per pagare i fornitori, da restituire poi ai condomini in regola una volta riscossi i debiti.Nota positiva: non è più possibile, per i creditori (ditte edili, portiere, fornitori), chiedere al giudice di pignorare uno qualsiasi degli appartamenti condominiali per saldare il debito, come accadeva una volta, salvo il diritto del «capro espiatorio» a rivalersi successivamente sull’intero condominio. La Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito nel 2008 che i debiti del condominio non sono solidali, cioè ognuno è responsabile solo della propria quota: gli inadempienti, quindi, saranno i soli a dover rispondere di eventuali spese aggiuntive e a rischiare di vedersi pignorata la casa