venerdì 16 settembre 2011


PARTI COMUNI DELL'EDIFICIOIl condominio non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità, distinta da quella di coloro che ne fanno parte, ma è un ente di gestione che opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino.

Sorge con il frazionamento della proprietà in virtù di negozi giuridici atti a trasformare una situazione di dominio esclusivo e solitario in una situazione di dominio plurimo.

Il condominio viene, ad esistere allorquando da un edificio di titolarità esclusiva, si verifichi il trasferimento di singole porzioni a una pluralità di soggetti (C. 3257/2004) e non con un'apposita deliberazione dell'assemblea dei condomini che ha valore meramente dichiarativo dell'esistenza del condominio (Cass. n. 11407/1998; Cass. n. 6073/1978).

Il condominio è, quindi, l'insieme delle parti di un edificio che sono di proprietà comune a più condomini.

La costituzione di un condominio, pur non necessitando di un atto formale e pur essendo configurabile anche tra edifici strutturalmente autonomi, appartenenti ciascuno a singoli soggetti, necessita tuttavia che vi siano opere comuni, pur se distaccate (parco, viali di accesso, fogne), destinate al loro godimento e servizio.

Elemento indispensabile per poter configurare l'esistenza di un tessuto condominiale è rappresentato dalla contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dell'edificio, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire per l'utilizzazione e il godimento delle parti dell'edificio medesimo; pertanto, anche in presenza di più edifici strutturalmente autonomi, ciascuno appartenente ad un unico soggetto, si verifica una situazione condominiale allorché tali edifici fruiscano per la loro utilizzazione e il loro godimento di opere comuni , anche se strutturalmente distaccate, mentre, anche in presenza di un edificio unico, non si ha condominio quando ciascuna delle parti di proprietà esclusiva fruisce di parti comuni (C. 5315/1984, in RGE, 1985, I, 12; C. 6509/1980).

LE PARTI COMUNI: IDENTIFICAZIONE e INDIVISIBILITA’

Una esatta identificazione delle parti comuni è contenuta nell’articolo 1117 c.c. che prevede una presunzione di appartenenza al condominio delle parti comuni dell'edificio, che opera ove la parte dell'edificio non sia espressamente assegnata in proprietà esclusiva ad uno dei condòmini da un titolo. A tal proposito si precisa che l’elencazione operata dall’art. 1117 succitato, non è tassativa ma puramente esemplificativa.

Detta disciplina deve essere applicata ad ogni parte, bene e servizio comune che rientri, per la sua struttura e destinazione, tra quelli indicati dall'art. 1117 c.c. a nulla rilevando che i piani o porzioni di piano alla cui utilizzazione o migliore utilizzazione le cose servono siano compresi in un edificio o in edifici autonomi per effetto di successiva divisione (Cass. n. 2609/1994).

Le parti comuni si possono classificare in tre distinte categorie, suddivise in necessarie, perché costituiscono la struttura stessa dell’edificio, di pertinenza, perché comprende tutti i locali accessori destinati ai servizi comuni, ed infine accessorie in quanto comprende le opere, le installazioni i manufatti e, più in generale tutti gli impianti comuni.

Ciascun condomino, ai sensi dell’art. 1102 c.c., può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Il diritto di ciascun condomino sulle cose comuni è, inoltre, proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, sempre se il suo titolo non disponga diversamente.

Ciascun condomino può godere,quindi, delle parti comuni purché rispetti la loro destinazione economica, il diritto degli altri partecipanti ad un pari godimento delle stesse, la stabilità, la sicurezza e il decoro dell’edificio, nonché le singole proprietà esclusive.

Le spese inerenti all’esecuzione delle opere necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio, sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, sempre salva diversa convenzione se intervenuta all’unanimità di tutti i partecipanti al condominio. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in maniera diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne ex art. 1123 c.c.

Il principio dell’indivisibilità della parti comuni viene sancita dall’art. 1118 c.c., norma peraltro inderogabile, sicché neanche il regolamento contrattuale potrebbe legittimamente derogare all’obbligo di contribuzione relativamente alle parti comuni, nonché alla sua irrinunziabilità. In tal caso il disposto del 2° co. dell’art. 1118 c.c., a norma del quale il condomino non può, rinunciando al diritto sulle parti comuni, sottrarsi al contributo sulle spese per la loro conservazione, non si limita a regolare la partecipazione dei condomini alle spese delle parti comuni nonostante la rinuncia del relativo diritto da parte del singolo condomino ma, indirettamente, esclude la validità della predetta rinuncia, dato che le parti comuni necessarie per l’esistenza e l’uso dei piani o porzioni di piano ovvero destinate al loro uso o servizio, continuerebbero a servire il condomino anche dopo, e nonostante la rinuncia.

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